L’OCCHIO DELL’ALLENATORE

Nel mondo dello sport, sia a livello principiante/amatoriale che ad alto livello, la preparazione per lo sviluppo e il miglioramento delle capacità bio-motorie è ormai indiscussa, data la sua estrema importanza nello sviluppo a tutto tondo dell’atleta.

Nello scambio di esperienze con allenatori di alto livello, ho notato che molti atleti a lungo andare si concentrano molto di più sullo sviluppo delle qualità fisiche, passando molto più tempo in palestra e concentrandosi quindi meno sull’allenamento dello sport di cui poi dovranno dimostrare tutte le abilità apprese durante l’anno.

L’importanza della progressione

Eseguire quindi esercizi di forza in tutte le sue forme, con intensità anche ingestibili e provare allenamenti sempre più “evoluti” e specifici è sicuramente intrigante e motivante, ma troppa evoluzione e specializzazione, quando non si ha un certo grado di maturità fisica, può portare a effetti negativi.

La conseguenza di non riuscire a trarre il massimo dai metodi “evoluti” sopra citati deriva dall’immaturità dell’intero sistema biologico (sistema nervoso centrale e metabolico con tutti i loro adattamenti) che non può ricevere il massimo dell’efficacia ed efficienza dai metodi stessi.

palestra personal trainer coach chris 03

All’inizio dell’allenamento generale questo errore può essere meno considerato a dire il vero, anche se ciò non significa che non abbia la sua importanza, ma in una finestra temporale a medio e lungo termine, l’attuazione di programmi di allenamento più avanzati può portare a:

  • Uno sviluppo generale di una “alfabetizzazione” motoria incompleta.
  • Una stasi precoce che a lungo andare porterà alla non maturità atletica.
  • Una stasi precoce che consegnerà l’atleta a un elevato rischio di infortuni.
 

Ecco perché tra i principi cardine va sempre considerato quello della progressività. La corretta applicazione della progressione nella programmazione porta con sé risultati ineccepibili e cioè:

  • Carico adeguato in funzione della maturità dell’atleta. 
  • Il giusto timing dei mezzi di allenamento.
  • Un equilibrio nella programmazione.
 

Spesso, quindi, il fattore tempo e la voglia di attuare ciò che magari si è appena appreso anche da nuovi moduli, non trova una giusta dimensione con ciò che la realtà insegna. 

A questo proposito, presento alcune considerazioni: 

  • L’attrezzatura è spesso immaginata come la più tecnologica, in realtà si ha solo una rastrelliera con manubri e bilancieri.
  • La disponibilità degli atleti ad allenarsi per un tempo e in orari ottimali per il loro sviluppo.
  • Il background motorio dell’atleta, che non sempre corrisponde al piano che noi allenatori avevamo pensato durante la programmazione annuale.
 

Questi elementi fanno la differenza tra una realtà ottimale e una “reale”. È qui che possono sorgere i primi problemi.

Alcune domande

Come posso organizzare il mio allenamento? Rispondendo a queste prime domande:

  1. Quali attrezzature/spazi avete a disposizione?
  2. È uno spazio condiviso con altre persone che non sono atleti?
  3. Se ho più atleti, come devo/posso organizzarli durante la giornata? In base all’età biologica, all’esperienza di allenamento, alla disponibilità oraria? 
 

Il problema rimane anche per gli atleti professionisti. Pensate al fatto che molti di loro viaggiano, devono fare servizi fotografici, viaggi internazionali o intercontinentali, pubblicità e sponsor a cui rendere conto, e spesso non hanno la possibilità, nemmeno loro, di avere a disposizione lo stesso ambiente a cui sono abituatisia in termini di spazio che di tecnologia.

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Esperienza

L’esperienza del coach gioca quindi un ruolo fondamentale.

Nel mio caso ho atleti che studiano al liceo e all’università e che praticano arti marziali a livello nazionale e internazionale. Ho la fortuna di essere sia un allenatore di forza e condizionamento che un insegnante di karate e ju jitsu, e quindi ho la possibilità di gestire sia la parte di allenamento con i pesi che lo sport specifico. Un esempio pratico che testimonia la mia esperienza è che nella mia struttura cerco sempre di organizzare gli atleti universitari, che hanno più tempo a disposizione (a parte il periodo in cui devono affrontare gli esami), al mattino.

Così posso dedicare loro le prime ore e concentrarmi su tutti gli aspetti dell’allenamento sia tecnico che di forza, e quindi su tutti i parametri che riguardano lo sviluppo della velocità, della forza, della potenza (es. pliometria) e della resistenza.

Quando penso alla pliometriaspesso sottovalutata o abusata, e all’importanza che può avere, sia nella preparazione generale che in quella specifica, mi rendo conto che devo introdurla per gradi.

Penso all’impatto che può avere sia a livello articolare che a livello muscolo-tendineo e che la sua importanza è fondamentale nello sviluppo di un atleta forte e potente e tutti gli studi dimostrano come la preparazione specifica possa aiutare l’atleta a mantenere la forza massimale acquisita nelle fasi precedenti.

Faccio quindi tesoro di una delle leggi fondamentali dello sport, ovvero la tecnica prima di tutto, e poi la qualità rispetto alla quantità in assoluto.

Ecco i principi fondamentali, che sono le pietre miliari per lo sviluppo dello sport, e li uso come timone che mi permette di raggiungere l’obiettivo (vincere le gare). Se penso che questo sia un principio, lo collego allo studio della tecnica, della tattica e della strategia anche nella specificità del karate e del ju-jitsu. Da qui capisco che la modulazione e quindi la progressione dei carichi è di assoluta importanza, e che ogni singolo atleta è parte di quel puzzle che sarà poi l’esperienza diretta dell’allenatore.

Il coaching quindi è certamente conoscenza mista a esperienza, che di concerto porta all’arte di ogni preparatore atletico.

 Coach Chris